Lo sappiamo, in Italia la crisi economica che stiamo attraversando non colpisce nello stesso modo le fasce della popolazione. Fra le categorie più colpite ci sono le donne, che si ritrovano a far fronte ad una situazione che va ad aggravare la loro fragilità nel mondo del lavoro. La crisi in corso sembra far perdere terreno rispetto ai già pochi e insufficienti sforzi messi in campo per promuovere una maggiore equità nel mondo del lavoro.

Ma perché le donne sono particolarmente colpite?

Ci sono diverse motivazioni che riguardano principalmente tre aspetti:

  • Discriminazioni sistemiche
  • Lavoro di cura
  • Alto tasso di disoccupazione femminile

Queste e altre cause fanno sì che le donne occupino posizioni svantaggiate nel mondo del lavoro. L’emergenza sanitaria e il successivo lockdown hanno però ulteriormente peggiorato questa situazione. Già prima della crisi economica legata alla pandemia, infatti, le donne erano caratterizzate da una maggiore fragilità sul mercato del lavoro a causa di discriminazioni strutturali. Basti pensare che l’Italia occupa il 70° posto su 153 paesi secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum e che è ancora molto indietro rispetto a 2 parametri fondamentali: partecipazione politica e opportunità economiche per le donne, per l’appunto. L’aspetto più critico è il cosiddetto gender pay gap, ovvero l’indice medio a livello mondiale che rileva l’equità di salario fra uomini e donne, a parità di lavoro, e che vede l’Italia ferma sotto il 53%. In Europa, l’Italia è al 18° posto su 24 paesi europei (dati Eurostat)

Le cause di questo divario

Un aspetto centrale riguarda il lavoro di cura delle persone anziane non autosufficienti e delle persone con disabilità, che grava sulle spalle delle donne e che è assolutamente sproporzionato fra i generi, senza dimenticare la mancanza di tutele in caso di maternità. Questo lavoro di cura grava nettamente sulle donne, segnando una forte sproporzione fra i generi.

Con la crisi dovuta alla pandemia il lavoro di cura della casa, dei figli o dei genitori anziani è andato quasi esclusivamente a ricadere sulle spalle delle donne che hanno perso oltre 184mila posti di lavoro rispetto ai 145mila degli uomini. Tutto ciò si riflette nel tasso di disoccupazione femminile che è pari al 10,8% contro l’8,7% di quello maschile. Altrettanto preoccupante rispetto al dato sulla disoccupazione è quello sul tasso di inattività, ovvero tutte quelle persone che non lavorano né cercano attivamente un’occupazione, che è pari al 61,4% per le donne con un aumento di 3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019. Ciò significa che sempre più donne rinunciano alla ricerca attiva di un lavoro preferendo dedicarsi alla cura della famiglia a causa della difficoltà di coniugare lavoro e vita privata.

E da questo dipende molto anche la tipologia dei contratti destinati alle donne: il lavoro part-time riguarda il 73,2% le donne ed è involontario nel 60,4% dei casi. Si tratta di un dato che spiega bene le difficoltà legate al bilanciamento vita-lavoro da parte delle donne, visto che sono loro che si dedicano quasi interamente a quel lavoro di cura non retribuito. Questo comporta quindi una scelta (spesso obbligata) a lavorare part-time con una conseguente riduzione del guadagno medio annuo a parità di salario. Inoltre, come sottolinea il World Economic Forum, un altro aspetto allarmante riguarda l’accesso delle donne alle posizioni apicali che in Italia, soprattutto nel settore privato, resto molto basso.

Complessivamente, in Italia il tasso di occupazione femminile è di 18 punti percentuali più basso di quello degli uomini e i redditi complessivi guadagnati dalle donne sul mercato del lavoro sono in media del 25% inferiori rispetto a quelli degli uomini (Intervista a Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria del ministero dell’Economia).

E per le donne più giovani la preoccupazione è ancora maggiore

È importante notare come l’istruzione sia percepita dalle donne come il principale fattore protettivo: si laureano un terzo delle giovani, a fronte di solo un quinto dei ragazzi. Nonostante questo, però, il nostro paese presenta un importante gap di genere nel numero dei NEET: in Italia, le giovani in questa condizione sono il 24,3% contro il 20,2% dei maschi, rischiando entro la fine dell’anno di toccare quota 1 milione e 140 mila.

Per tutte queste ragioni, con i nostri interventi vogliamo continuare a promuovere nuove occasioni di formazione, orientamento e inserimento lavorativo proprio a favore delle persone che sono maggiormente in difficoltà in questo momento, con un’attenzione particolare proprio alle donne.

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