Dalle parole del nostro Presidente Alfredo Luis Somoza.
“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata determinata da due ordini di fattori, entrambi di natura geopolitica.
In primo luogo siamo di fronte a un proseguimento della Guerra Fredda che, con altri metodi, continua a determinare i rapporti di forza tra Occidente e Russia: né la Nato ha mai rinunciato all’antico obiettivo di avvicinare sempre di più la propria forza militare al confine russo, né la Russia ha mai cambiato il suo giudizio su tale mossa, considerata un pericolo da scongiurare.
Il secondo ordine di fattori all’origine di questa crisi riguarda il ruolo geopolitico della Russia. Il grande Paese euro-asiatico, potenza militare ma non economica, negli ultimi anni ha fatto passi da gigante per conquistare una leadership geopolitica su scala mondiale. Questo riposizionamento globale di Mosca è stato agevolato, economicamente e non solo, dalla firma degli accordi per la fornitura di metano e petrolio alla Cina. Questo “credito geopolitico” della Russia poteva essere spesso in diversi modi, con una rinnovata pressione diplomatica per risolvere la situazione delle due province del Donbass e della Crimea, con l’avvio della normalizzazione dei rapporti con l’Europa che ponesse fine alle sanzioni economiche che sconta dal 2014.
La Russia ha invece scelto di sperperarlo invadendo uno Stato sovrano e violando un principio primordiale del diritto internazionale: si può essere in forte disaccordo tra due stati, ma il rispetto dei confini, cioè della sovranità di un Paese, rimane un baluardo. Perciò, nel discorso con il quale ha annunciato l’invasione, Vladimir Putin ha tentato di demolire la stessa ragione di essere dell’Ucraina. Un Paese, secondo Mosca, che non avrebbe storia né cultura al di là di quelle comuni con la Russia, governato da una cricca di delinquenti e tossicodipendenti: quindi un Paese che non esiste, e l’intervento militare russo, mirato a “denazificarlo”, rappresenterebbe solo un tentativo di rimettere le cose in ordine. Una lettura fuorviante intrisa di propaganda con il solo obiettivo di giustificare l’annessione di fatto manu militari.
Molti osservatori pensano che questo conflitto sia una specie di sequel della Guerra Fredda. In parte è davvero così, ma che si tratti solo di questo è la narrazione che il Cremlino ha cercato di far passare. Semplicemente, un Paese molto potente ne ha attaccato uno assai meno potente. Il primo è un regime; il secondo, tra mille ambiguità, aspira a essere una democrazia, novità per una regione dove questo non è mai successo. E questo dato di fatto archivia ogni polemica sugli errori passati della Nato, dell’Europa o dell’Ucraina. Siamo di fronte a una violazione macroscopica del diritto internazionale e del diritto dei popoli. Siamo di fronte a una tragedia già costata molte vittime e che rischia di distruggere l’Ucraina e di rendere inevitabilmente più poveri ancora i cittadini russi.
Non è vero, come spesso si è ripetuto, che da 70 anni l’Europa non conosceva conflitti bellici. Sono state decine i focolai e i conflitti veri e propri, dal Nagorno-Karabakh alla Transnistria, dal Kosovo fino al grande conflitto dell’ex-Jugoslavia. Come ICEI abbiamo lavorato all’epoca per rimarginare le ferite di uno dei più terribili conflitti europei degli ultimi decenni, quello della Bosnia Erzegovina e ora pensiamo sia giusto schierarci nei fatti con il popolo e le città ucraine che stanno soffrendo una guerra che non hanno cercato ma subito.
Il ripudio alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali contenuto nella nostra Costituzione ci deve guidare nel sostenere le ragioni di chi è stato aggredito e smontare la propaganda dell’aggressore, ma non solo a parole, con fatti concreti di solidarietà in quest’ora difficile per l’Ucraina e per l’Europa tutta.”